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Valutazione della risposta al trattamento con Interferone-beta nella sclerosi multipla


L’Interferone-beta ( IFN-beta ), ha dimostrato di ridurre i tassi di recidiva nella sclerosi multipla; tuttavia, la risposta clinica sembra variare tra gli individui.
Ci si è chiesti se la risonanza magnetica potesse essere utilizzata per identificare quei pazienti che hanno una scarsa risposta alla terapia.

È stata eseguita una revisione sistematica di studi che hanno esaminato la risposta al trattamento differenziato e gli endpoint clinici in gruppi definiti come responder o non-responder a Interferone-beta.

I pazienti con evidenza alla risonanza magnetica di scarsa risposta al trattamento con Interferone-beta definita da 2 o più nuove lesioni iperintense in T2 o nuove lesioni captanti il Gadolinio hanno mostrato un significativo aumento del rischio di ricadute future e progressione della malattia come definito dalla scala EDSS ( Expanded Disability Status Scale ).

È stato rilevato un aumentato rischio di esiti infausti 16 anni dopo l'inizio del trattamento nei pazienti con scarsa risposta iniziale al trattamento.
Studi precedenti avevano dimostrato che questo non era il caso nei bracci placebo degli studi clinici.

In conclusione, nei pazienti che iniziano ad assumere Interferone-beta, la risonanza magnetica precoce, da 6 a 24 mesi dall'inizio del trattamento, ha il potenziale di fornire informazioni importanti ai pazienti circa la probabilità del futuro fallimento del trattamento.
Questo può orientare le decisioni di trattamento prima delle recidive cliniche o della progressione della malattia. ( Xagena2014 )

Dobson R et al, Neurology 2014; 82: 248-254

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